Ben venga una riforma sui tributi sul mattone, come promesso dal Governo Renzi con la Local tax.
A maggior ragione se una riforma del genere riuscisse ad abbattere la peggior media europea – riescono a fare peggio di noi solo in Portogallo, ma tra le nazioni di punta siamo davvero il fanalino di coda – in termini di ore spese, spesso anche buttate, per adempiere alle pratiche fiscali.
Non si tratta solo di tasse immobiliari, certamente, ma ogni anno il contribuente italiano – tra code agli sportelli, giri di pratiche, visite al commercialista – è costretto a investire una media di 269 ore.
In pratica ogni anno un mese di tempo se ne va per compilare moduli e scartoffie varie.
Una mano in questo senso potrebbe arrivare anche dall’estensione della fatturazione elettronica tra imprese private, dove però il rischio è un aumento dei costi amministrativi a carico delle piccole imprese.
Di cui la filiera dell’immobiliare è piena.
Fino ad allora toccherà adeguarsi e provare anche della sana invidia: i dati raccolti della Banca Mondiale, elaborati dalla Cgia di Mestre, segnalano infatti che il Paese più friendly in questo senso è il Lussemburgo, dove bastano con 55 ore all’anno per pagare le tasse. Seguono l’Irlanda, con 80 ore, l’Estonia, con 81 e la Finlandia , con 93.
Il dato medio dell’area dell’euro è di 165.