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L’Italia è l’unico Paese in Europa a non avere una legge su chi assiste un familiare disabile grave

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Il 17 settembre la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ascolterà le loro ragioni. «Vent’anni di battaglie in Italia non hanno portato a nulla. Da noi c’è spazio solo per il business dell’istituzionalizzazione. Come dimostra la legge sul “dopo di noi” in discussione in Parlamento», dice Maria Simona Bellini

Giovedì 17 settembre la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ascolterà le ragioni dei caregiver familiari italiani e la denuncia delle violazioni dei loro diritti in Italia. Alla Petizione per i diritti negati ai Caregiver Familiari italiani, presentata a Bruxelles lo scorso gennaio accompagnata da 30mila firme, è stata riconosciuta la procedura d’urgenza che porterà Maria Simona Bellini e Chiara Bonanno ad esporre direttamente all’aula della Commissione le proprie richieste. «Si tratta della petizione con più firme mai arrivata davanti alla Commissione. Siamo già a più di 39mila firme, contiamo di andare a Bruxelles con 40mila firme», spiega con orgoglio Maria Simona Bellini.

Il pensiero però va subito alla legge sul dopo di noi in discussione in Parlamento, su cui Maria Simona Bellini ha parole durissime: «La vogliono far passare come una legge epocale, in realtà è una che pensa alle persone con disabilità motorie e condanna tutti i disabili cognitivi a stare in istituto. Che significa “dopo di noi”? È un problema che non dovrebbe esistere, la presa in carico di una persona con disabilità dovrebbe essere globale e per tutta la vita. Parlare di un “dopo di noi” significa ammettere che finché i genitori sono in vita, il disabile è un problema loro, degli ignorati caregiver familiari; solo “dopo” diventa un problema dello Stato che allora cerca un modo per farci un business».

La battaglia di Maria Simona inizia molti anni fa ed è legata a doppio filo alla sua esperienza di mamma di Letizia. Insieme al Coordinamento Nazionale Famiglie di Disabili Gravi e Gravissimi per anni ha chiesto al Parlamento italiano una legge che riconoscesse il lavoro di cura prestato dai genitori di disabili gravissimi, con un riconoscimento di alcuni anni di “prepensionamento”: la prima legge a proporlo risale al 1999, nel giugno 2010 la Camera approvò un testo che poi però si arenò. «La nostra battaglia è cambiata molto in questi vent’anni.Abbiamo preso coscienza che l’Italia è l’unico paese in Europa a non avere una legge che dia un riconoscimento giuridico al caregiver familiare e questo inficia l’esito anche dei ricorsi. La vicenda della legge in Parlamento poi ci ha fatto capire che il problema vero è la mancanza di volontà politica. Per questo abbiamo fatto il salto, rivolgendoci all’Europa e all’Onu». Oltre alla Petizione inviata al Parlamento Europeo infatti le famiglie che si sono aggregate intorno alla richiesta di dare un riconoscimento formale alla figura del caregiver familiare stanno presentando un ricorso all’Onu, appellandosi a quanto scritto nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. In 250 si sono già autotassati per partecipare al ricorso.

Cosa chiede la petizione? Due cose: primo, che il Parlamento Europeo intervenga riguardo alle condizioni di vita del Caregiver Familiare in Italia e agisca nei confronti dello Stato Italiano per far sì che anche per i Family Caregiver italiani vengano rispettate politiche sociali di sostegno adeguate all’intensità del lavoro di cura cui sono sottoposti. Secondo, che il Parlamento Europeo approfondisca l’aspetto che vede lo Stato Italiano stanziare fondi ingenti per gli Istituti di Ricovero per persone con disabilità e di contro riservare somme minime e residuali al sostegno delle stesse persone a casa propria. Maria Simona fa esempi concreti: «I caregiver familiari non godono di alcuna tutela per se stessi, nemmeno nel diritto alla salute o al riposo, sono impegnati nel lavoro di cura senza soluzione di continuità. Quest’estate ho dovuto passare una notte in Pronto Soccorso, Letizia è rimasta con me. Non ci sono sostegni per chi sceglie di curare le persone con disabilità a casa, cosa che peraltro costerebbe molto meno». Quanto alla battaglia del prepensionamento, Bellini si limita a ricordare che «nel 2009 la ricercatrice Elizabeth Blackburn ha vinto il Premio Nobel per la Medicina con uno studio che ha scientificamente dimostrato che lo stress a cui sono sottoposti i Caregiver familiari riduce le loro aspettative di vita di 9-17 annirispetto al resto della popolazione. Lo abbiamo reso noto a più riprese, inviando lo studio a tutti i parlamentari, senza alcun effetto».

Il punto centrale per Maria Simona Bellini è proprio quello di creare un modello alternativo a quello centrato sul ricovero delle persone con disabilità e c’è un fatto recentissimo a dimostrare che ne siamo lontani anni luce: «il Municipio IX di Roma ha sospeso il pagamento dell’assistenza indiretta per le persone con disabilità, fino a data da destinarsi. Dicono che non ci sono fondi per il secondo semestre del 2015 e che li stanno cercando. L’assistenza indiretta è quella che prevede rimborsi dietro rendicontazione delle spese sostenute per assistere una persona disabile a casa. Un’ora di assistenza indiretta a Roma costa 9 euro, contro i 24,90 dell’assistenza diretta in un istituto. Curiosamente però è stata sospesa l’assistenza indiretta, non quella diretta», denuncia Maria Simona Bellini.

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