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La via delle api, per imparare a orientarsi danzando

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La mostra La via delle api al Museo Civico di Zoologia  di Roma è stata una buona occasione per una bella immersione nel mondo delle api: insetti imenotteri che hanno molto da insegnarci.

Le api mi ispirano da tempo, in un percorso sviluppato da un’intuizione che anni fa ho coltivato riguardo ciò che concerne l’intelligenza connettiva, ovvero quell’intelligenza sociale che si sviluppa dall’interscambio di informazioni immediate, come un flusso d’energia. Una suggestione necessaria alla mia ricerca di confine tra cultura e nuove tecnologie della comunicazione. L’input che mi sollecitò fu quello sulla “danza delle api” che utilizzai già nel 1983 per una conferenza di radioart nel 1999 al Teatro Spaziozero di Roma e poi nell’ambito del festival teatrale Contemporanea di Prato, dove curai, nel 1999, uno dei primi blog (non solo in Italia). In quel contesto aveva trovato luogo il progetto definito ‘alveare’, connotato per work in progress teatrali, e per combinazione immaginaria ripescai alcune letture sulle teorie di Karl Von Frisch a proposito del comportamento delle api nel tracciare i percorsi alla ricerca del nettare. Ha così preso forma, in una sorta di metafora ispirata alla danza delle api, l’attività degli spettatori che riportavano in una scrittura connettiva, propria dei blog, i loro sguardi teatrali alla ricerca del nettare teatro.

La danza delle api, sulla base delle ricerche di Von Frisch, rappresenta un esempio emblematico di come un’azione possa produrre un’informazione tale da sollecitare una reazione conseguente e simile, per cooperazione intelligente. Un linguaggio biologico collaborativo espresso da un’azione precisa e formale che indica l’avvicinamento al nettare. Se questo non è più distante di 80 metri, le api esploratrici fanno una danza circolare, eccitando tutte le altre bottinatrici. Se le fonti del nettare sono più lontane si crea una danza scodinzolante (o dell’addome) che tende a dare informazioni su distanza e direzione dell’obiettivo.

Queste considerazioni le misi a punto per un mio intervento su L’intelligenza connettiva dello sciame d’api per il convegno dell’Università di Urbino su Le api tra realtà scientifica e rappresentazione  nel 2009 e relativo libro introdotto da Giorgio Celli che curò tutta quell’operazione.

La mostra al Museo Civico di Zoologia, a cura di Massimo Capula, Carla Marangoni, con la progettazione di Paola Marzoli, è realizzata in collaborazione con il Gruppo Api Sparse – A.P.S. in apicoltura e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana “M. Aleandri” di Roma. Esplorando, con Violetta (la mia nipotina di otto anni) e Carla (la curatrice della mostra), quel  percorso espositivo si capisce bene quanto sia importante il ruolo delle api nel mantenimento della biodiversità.

Nel diario di viaggio Violetta fa il suo report, rivela un aspetto che avevamo già rilevato all’inizio della nostra esplorazione urbana: per ben viaggiare è importante orientarci, cercando di individuare il movimento del sole, a oriente quando nasce e a occidente quando cala. Ha scoperto poi che le api esploratrici fanno scuola di orientamento alle bottinatrici danzando. E questa cosa le è piaciuta tantissimo.  Tornando a casa siamo andati a cercare le api in città, per trovarle nella Fontana delle Api del Bernini (1644), un abbeveratoio per i cavalli commissionato da papa Urbano VIII Barberini. Le api evocano quelle che campeggiano nel simbolo araldico della famiglia del pontefice.

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