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Droga e adolescenza: “La famiglia? Dev’essere un posto sicuro dove tornare”

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Angela Crapolicchio, psicologa clinica e psicoterapeuta sistemico-relazionale in formazione, parla del ruolo dei genitori dopo gli episodi a Riccione, Gallipoli e Messina: “La famiglia è la prima fonte di educazione, chiamata a interagire con scuola, gruppi sportivi, associazioni”

PESCARA – “Se le famiglie esercitassero un po’ più di controllo sui figli non morirebbe un 18enne la settimana in discoteca. Se non sai educare non procreare”. Su Twitter, Francesco Errico, ormai ex sindaco di Gallipoli, ha commentato così la morte del 17enne Lorenzo Toma fuori dalla discoteca Guendalina. Per l’ennesima volta – dopo la morte di Lamberto Lucaccioni al Cocoricò, quella di Lorenzo a Gallipoli (per il quale l’autopsia ha poi rivelato un problema cardiaco e la non assunzione di sostanze), quella di Ilaria Boemi in spiaggia a Messina – sono stati chiamati in causa i genitori: qual è il loro ruolo? A chi spetta l’educazione dei giovani? “Le parole dell’ex sindaco di Gallipoli hanno il suono della colpevolizzazione nei confronti delle famiglie. Giudicano, e sono superficiali: non mi sorprende che abbiamo suscitato polemiche”, spiega Angela Crapolicchio, psicologa clinica e psicoterapeuta sistemico-relazionale in formazione.

“Per i genitori, l’adolescenza è un momento particolarmente critico: è la fase delle trasformazioni fisiche, cognitive ed emotive. Le famiglie hanno un compito molto importante, ma più che parlare di controllo sui figli adolescenti, sarebbe opportuno parlare di famiglie in grado o meno di offrire una base sicura. In questa fase mamma e papà dovrebbero garantire ai ragazzi la giusta flessibilità tra la possibilità di esplorare il mondo esterno e l’opportunità di rientrare in un contesto sicuro e stabile, quando i territori esplorati diventano rischiosi”. Lasciare i figli liberi di conoscere il mondo, ma assicurando loro di poter tornare indietro. “Ogni epoca storica ha i propri rischi, ogni famiglia dipende dalla società nella quale si inserisce e viceversa”.

Crapolicchio sottolinea come oggi le famiglie si muovano agli estremi, tra iperprotettività e disimpegno verso i figli: “Certamente il disimpegno è più frequente tra le famiglie che vivono nelle grandi città, dove i ritmi frenetici fanno sì che lo sguardo di tutti i componenti sia orientato verso l’esterno. Ma entrambi i casi possono essere dannosi, e a farne le spese possono essere uno o più membri del nucleo familiare”.

Analisi recenti registrano consumi di sostanze psicotrope sempre crescenti, con il primo contatto sempre più precoce. Come si spiega questa escalation? “Per scattare un’istantanea degli adolescenti di oggi occorre sostituire lo zoom con il grandangolo, in modo da allargare il campo di osservazione, osservando non solo le famiglie, ma anche il contesto storico e sociale di appartenenza”. A questo si aggiunge la velocità imposta dal mondo d’oggi, pena l’esclusione: “Basta un click per aggiungere un amico, ci fanno credere che si può essere felici ingoiando una pillola, e che le tappe vanno bruciate perché bisogna crescere in fretta”.

Dopo i recenti avvenimenti, tutti chiedono maggiore prevenzione. Ma a chi tocca l’educazione dei ragazzi? “La famiglia rimane primo nucleo di appartenenza, al di là dei rapidi mutamenti del contesto sociale in cui viviamo: è la prima fonte di educazione, sulla quale si gettano le basi dell’identità di ciascuno di noi. Nel corso del processo evolutivo i ragazzi si confrontano con molteplici contesti: la scuola, i gruppi sportivi, le associazioni. Ecco, l’educazione dovrebbe essere il risultato dell’azione sinergica e integrata di questi sistemi”.

(Ambra Notari)

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