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Dakota Access, per ora vincono gli indiani, ma Trump è contro i Sioux: sta con le Big Oil e l’oleodotto

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Il  28 novembre, il governatore del North Dakota, Jack Dalrymple aveva firmato un ordine esecutivo per l’evacuazione urgente, a cominciare da oggi, del campo di protesta organizzato da attivisti tribale e “water protectors” che da mesi sono accampati su un terreno a nord della riserva Standing Rock Sioux per protestare contro la costruzione della Dakota Access pipeline(Dapl). Una decisione che faceva seguito all’annuncio fatto tre giorni prima dall’U.S. Army corps of engineers  di radere al suolo a partire da oggi l’Oceti Sakowin, i Fuochi dei Sette Consigli in sioux.

Il  comandate distrettuale del Corps aveva avvertito che chiunque fosse stato  trovato nel territorio gestito dall’U.S. Army corps of engineers a nord del Cannonball River verrà accusato di violazione di domicilio e perseguito secondo la legge. Ma i militari, le guardie private della compagnia petrolifere e la polizia di Stato e di contea rischiavano di trovarsi davanti a una brutta sorpresa: almeno 2.000 veterani, sia pellerossa che di altre etnie,  hanno annunciato che,  in risposta all’Army corp e agli ordini di evacuazione del Governatore Dalrymple, oggi avrebbero raggiunto la riserva di Standing Rock  per fare da scudi umani per i protettori dell’acqua e i Sioux, con un’ iniziativa che è stata chiamata  Veterans Stand for Standing Rock. Una bruttissima gatta da pelare, visto che i veterani di guerra negli Usa sono praticamente intoccabili e che conoscono bene le tattiche di guerriglia e antiguerriglia.

Di fronte al rischio di una nuova guerra indiana, ieri Barack Obama e l’Us Army Corps hanno avuto la saggezza di annunciare lo stop allo scavo della Dapl  e l’annuncio della “ritirata”, dato all’Oceti Sakowin dal capo Harold Frazier, a suscitato una grande gioia.

Quindi l’oleodotto, almeno per ora, non passerà dalle terre sacre Sioux e sotto il lago Oahe e verranno cercati percorsi alternativi.  I pellerossa ringraziano il presidente uscente: «La Standing Rock Sioux Tribe sarà per sempre grata all’amministrazione Obama per questa decisione storica» e sulla loro pagina Facebook si legge: «Oggi abbiamo dimostrato il potere delle  voci della gente in piedi insieme per proteggere la nostra acqua. L’ acqua è vita. Non possiamo vivere senza. Mentre celebriamo la notizia di oggi, non possiamo essere compiacenti. Dobbiamo continuare a proteggere la nostra acqua e preservare la nostra terra».

Intanto, aspettando l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, Sierra Club, Greenpeace e le atre associazioni ambientaliste e i loro alleati – in particolare l’Indigenous Environmental Network  e  Honor the Earth –  continuano a far rullare il tamburo di guerra e organizzano manifestazioni contro l’oleodotto: nella settimana dopo l’elezione di Donald Trump a presidente Usa ci sono stati più di 300 aventi di solidarietà con i “water protectors”  e i sioux di Standing Rock. Circa 500 protettori dell’acqua, guidati dall’Indigenous Youth Council hanno marciato attraverso il campo di Oceti Sakowin e ha creato una muraglia umana e una “ruota dellamedicina”, mentre i leader spirituali presenti a Oceti Sakowin ha portato una cerimonia nei pressi del drill pad del Dakota Access. Arvol Lookinghorse, un anziano della tribù sioux di Standing Rock ha spiegato che «Per tenere questa cerimonia sul terriitorio dell’ Army Corps, abbiamo invocato l’ Executive Order 13007,  l’American Indian Religious Freedom Act».

Dallas Goldtooth, un militante dell’Indigenous environmental network «Stiamo portando in tutto il Paese i fuochi proverbiali dell’Oceti Sakowin alle porte del US Army Corps, chiedendo un intervento per fermare questa bakken oil pipeline. E’ tempo che l’amministrazione della Casa Bianca e il suo Department of Army  sostengano i diritti e la sovranità degli indigeni  e revochino i permessi per l’oleodotto e ordinino una valutazione di impatto ambientale completa. Siamo tutti solidali con Standing Rock, perché sappiamo che questa è una lotta che dobbiamo vincere».

La situazione era precipitata il  20 novembre, quando la polizia e un  tactical SWAT team hanno attaccato il campo di protesta di Oceti Sakowin con  cannoni ad acqua, gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti mentre le temperature erano precipitate sotto zero, e una dozzina di persone sono state ferite gravemente o hanno riportato lesioni alla testa, mentre 168 manifestanti sono stati trattati per l’ipotermia e per lo spray al pepe che la polizia ha spruzzato in grande quantità. Una ragazza di New York potrebbe perdere un braccio dopo essere stata colpita da una granata.

Ma Siouz e ambientalisti sanno che la loro battaglia non è finita: il primo dicembre il preesidente eletto Donald Trump si è schierato apertamente per la costruzione dell’oleodotto da 3,6 miliardi di dollari  nel quale avrebbe interessi personali. Dopo un briefing con il team di transizione di Trump, John Hoeven, un senatore repubblicano del North Dakota, ha dichiarato: «Mister Trump ha espresso il suo sostegno all’oleodotto Dakota Access, che ha raggiunto o superato tutti gli standard ambientali previsti da quattro Stati e dall’Army Corps of Engineers. Inoltre, è importante sapere che la nuova amministrazione lavorerà per aiutarci a crescere e diversificare la nostra economia energetica e a costruire le infrastrutture energetiche necessaria per portarla da dove viene prodotta a dove serve. Il risultato sarà più posti di lavoro, un’economia più vivace e l’energia a prezzi accessibili per il popolo americano.

Hoeven, che aveva già chiesto ai  manifestanti di ritirarsi perché era preoccupato che patissero per il freddo (sic!), ha sottolineato che il sostegno di Trump e del suo team al Dapl «non ha nulla a che fare con i suoi investimenti personali ed ha del tutto a che fare con la promozione di politiche a beneficio tutti gli americani». Come scrive Samantha Page su Think Progress,«A quanto pare, “tutti gli americani” non include le tribù che cercano di proteggere la loro acqua.

Ma la realtà è che Trump aveva investito tra 500.000 e 1 milione  di dollari nell’Energy Transfer Partners,  la compagnia che costruisce i l’oleodotto Dakota Access, e che, anche se il suo team dice che  Trump ha ceduto le quote della società, non è vero che non ha più un interesse finanziario nel «Trump ha investito tra 100.000 e 250.000 investito nella compagnia petrolifera e del gas Phillips 66, che avrà una quota del 25% nel cantiere finito – spiega la Page – Inoltre, il Ceo dell’ nell’Energy Transfer Partners, Kelcy Warren, ha speso 103.000 dollari per sostenere direttamente la candidatura di Trump, dando altri 66.800 dollari al Comitato nazionale repubblicano».

Gli ambientalisti Usa sono allibiti e imbestialiti e, come se non bastasse, è arrivata la notizia che Trump starebbe prendendo in considerazione la nomina dell’amministratore delegato di Exxon/Mobil, Rex Tillerson, a Segretario di Stato, se così fosse, il ministero Usa che si occupa dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico sarebbe in mano alla più grossa multinazionale petrolifera del mondo.

Greenpeace Usa parla di crony capitalism – capitalismo clientelare, corrotto – e il suo portavoce, Travis Nichols ha detto: «Ad ogni nuovo sviluppo riguardante il gabinetto e le finanze di Trump, Trump dimostra quale sia la priorità nel guidare questo Paese degli uomini che traggono profitto dal dolore degli americani. Che si tratti di un dirigente di Goldman Sachs che ha fatto i soldi con la crisi degli alloggi, o di un amministratore delegato della Exxon, che trae profitto dal negazionismo climatico, Trump sta costruendo un gabinetto pieno di milionari intoccabili. Gli investimenti di Trump nel settore dei combustibili fossili e il suo complottare nel retrobottega Myron Ebell e Rex Tillerson non farà grande l’America, ci renderà molto, molto peggio. Trump è determinato a far diventare gli amministratori delegati dei combustibili fossili più ricchi, mentre la vera America soffre, e, senza controllo, la trasformerà in un luogo pericoloso per chiunque non abbia un portafoglio che vale meno di un centinaio di milioni di dollari. Se il negazionismo climatico e la corruzione industriale diventeranno la default position di Trump alla Casa Bianca, allora la resistenza implacabile sarà la default position del popolo americano».

Trump si è scrollato di dosso le ripetute critiche per la sua incapacità di distanziarsi dai suoi numerosi investimenti e aziende, emersa anche con l’improvvida telefonata alla presidente di Taiwan che ha mandato su tutte le furie il governo della Repubblica popolare cinese  Ma i suoi rapporti finanziari stanno creano evidenti conflitti di interesse per il presidente eletto, che si troverà a dirigere con i suoi uomini agenzie federali che trattano  proprio quei problemi. A confronto, il mai risolto conflitto di interessi di Silvio Berlusconi in Italia sembra uno scherzo.

Mary Sweeters, arctic campaigner  di Greenpeace Usa, non ha dubbi: «Nel sostenere l’oleodotto Dakota Access, Trump ci ha mostrato il capitalismo clientelare che verrà eseguito la sua amministrazione.  Questa è la definizione di corruzione. Il presidente degli Stati Uniti non dovrebbe negoziare favori per le compagnie del petrolio e del gas».

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