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Fumo di sigaretta in condominio: quando si può vietare?

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Si può fumare in condominio? Vi sono delle aree in cui è vietato? Nel proprio appartamento si è liberi di fumare?

Quadro normativo

Il legislatore è sempre più attento alla salubrità ambientale ed al diritto alla salute. Questa attenzione è confermata dagli interventi normativi sul tema del fumo della sigaretta.

La prima disposizione normativa è la Legge n. 584 dell’11 novembre 1975, rubricata “Divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico“, sancisce il divieto di fumare in alcuni luoghi (art. 1), tra cui le corsie degli ospedali, le aule scolastiche, le sale d’attesa delle stazioni, i locali chiusi adibiti a pubblica riunione, i cinema, le sale da ballo.

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Si arriva poi al 1995, con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995 rubricata “Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici“.

Con essa viene esteso il divieto di fumo ai locali destinati al ricevimento del pubblico per l’erogazione di servizi pubblici e utilizzati dalla pubblica amministrazione, dalle aziende pubbliche e dai privati esercenti servizi pubblici.

 

L’impatto di questi interventi non è stato di particolare pregio perché non sono state scalfite le abitudini dei fumatori, ma limitati i luoghi in cui è concesso fumare.

Ciò è avvenuto nel 2013, con la Legge 3 del 16 gennaio 2003 (art. 51), rubricata “Tutela della salute dei non fumatori“: questa normativa ha esteso il divieto di fumo a tutti i locali chiusi, compresi i luoghi di lavoro privati o non aperti al pubblico, gli esercizi commerciali e di ristorazione, i luoghi di svago, palestre, centri sportivi, con le sole eccezioni dei locali riservati ai fumatori e degli ambiti strettamente privati (abitazioni civili).

La legge permette la possibilità di creare locali per fumatori, le cui caratteristiche strutturali e i parametri di ventilazione sono stati definiti con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003, che prevede anche le misure di vigilanza e sanzionamento delle infrazioni.

Così, su questa scia, il successivo Decreto Lgs. n. 6 del 12 gennaio 2016, recependo la direttiva 2014/40/UE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, che abroga la direttiva 2001/37/CE, è finalizzato ad assicurare un elevato livello di protezione della salute attraverso maggiori restrizioni e avvertenze per dissuadere i consumatori (in particolare, i giovani) dall’acquisto e dal consumo di prodotti a base di tabacco e nicotina.

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Questo intervento innova rispetto alla direttiva perché prevede ex se alcune disposizioni coerenti con l’obiettivo di assicurare la maggior protezione possibile per i minori, anche favorendo la denormalizzazione del fumo per ridurre l’accettabilità sociale di tale comportamento.

Così è ad esempio per il divieto di vendita ai minori dei prodotti del tabacco di nuova generazione ovvero di fumare in autoveicoli in presenza di minori e donne in gravidanza o nelle pertinenze di strutture ospedaliere o simili.

La normativa antifumo ha le sue basi nell’art. 32 Cost., si tratta del fondamentale diritto indisponibile dell’individuo ed interesse generale della collettività volto alla tutela della salute dei non fumatori, con l’obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola, limitata esclusione delle eccezioni espressamente previste.

Il fumo in condominio

Da quanto indicato dalla normativa qui riportata discende che è possibile ed è lecito fumare in casa propria. Non è infatti consentito fumare nei locali pubblici ed aperti al pubblico, non limitando il fumo nelle proprietà individuali.

Nessun limite quindi per chi abita da solo, in una casetta isolata, ma è così anche per chi abita in condominio?

La domanda che ci si deve porre è principalmente: ci sono aree del palazzo in cui vige il divieto?

Partiamo dall’art. 1117 c.c., norma che, come ben noto, indica -a titolo esemplificativo- tutte le aree dell’edificio e adiacenti che sono di proprietà di tutti i condomini, in proporzione ai rispettivi millesimi.

Tra queste, vi sono il tetto, il terrazzo, il lastrico solare, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate, i parcheggi nonché i locali per i servizi in comune, come la lavanderia e i sottotetti, gli ascensori.

Ed allora si può fumare ad esempio nelle scale, nel giardino o nel garage condominiale?

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Stante l’esigenza di garantire, anche in ambito condominiale, la tutela della salute dal fumo passivo, il divieto di fumare vige anche per i locali chiusi dei condomini in ragione della previsione della L. 3/2003, art. 51. Così è a titolo esemplificativo per androne, scale, ascensore.

Il Ministero della Salute, nella nota 1505 del 24 gennaio 2005, precisa che il divieto è in ragione dell’esigenza di garantire, anche in ambito condominiale, la tutela della salute dal fumo passivo.

Gli spazi comuni non sono equiparabili a un’abitazione privata, in quanto frequentati da condomini e da altre persone (quali, ad esempio, portiere, addetti alla manutenzione degli impianti, portalettere, amici e parenti dei condomini) alle quali dev’essere estesa e garantita la tutela prevista dalla legge antifumo. Non si può fumare dentro l’ascensore, ma neanche dentro il pianerottolo o nell’androne: si tratta di locali chiusi a cui possono accedere varie tipologie di persone, non essendo aree riservate; prima di entrare bisogna accertarsi di spegnere le sigarette accuratamente, senza lasciarle nell’androne o sul marciapiedi.

Stante questa ratio, si deve concludere che è lecito fumare nel cortile, nel giardino e nelle zone scoperte, ad esempio quelle destinate al parcheggio delle auto. Si può fumare sul terrazzo o sul balcone perché proprietà privata, al pari è lecito fumare anche sul lastrico solare.

Per questi ultimi casi vi è un limite, dato dal fatto che il fastidio che si arreca a terzi (ad esempio, il vicino di casa) non superi la normale tollerabilità ex art. 844 c.c.

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In questi termini può essere uno spunto utile di ragionamento la decisione della Cassazione del 31 marzo 2009, n. 7875 che ha statuito l’esistenza dell’immissione molesta di fumo di sigaretta quando a fumare sia un gruppo di persone.

Con la sentenza si è ammesso il risarcimento dei danni esistenziali determinati da immissioni moleste di fumo di sigarette provenienti dal bar sottostante.

Nel caso di specie si trattava di appartamento condotto in locazione sopra l’esercizio commerciale di un bar.

Il dovere di vigilanza

La responsabilità, quanto alla vigilanza sull’osservazione del divieto, sussiste in capo all’amministratore di condominio che deve predisporre e apporre la necessaria segnaletica in luogo immediatamente visibile (art. 22 dell’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2004).

In caso di inosservanza degli obblighi a suo carico, l’amministratore può essere ritenuto personalmente responsabile e sanzionato.

condomini possono comunque richiamare all’osservanza del divieto gli eventuali trasgressori e segnalare alle autorità competenti all’accertamento e alle contestazioni il comportamento dei trasgressori, in caso di inottemperanza al richiamo.

Il regolamento di condominio

Il regolamento di condominio può autorizzare lo stesso amministratore a comminare multe (sino a 200,00 euro, per la recidiva fino a€ 800,00) nei confronti di chi viola questo precetto.

Se tale disposizione non è prevista, l’amministratore può promuovere l’azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. La stessa azione (di tipo civile) può essere intrapresa anche dal singolo condomino.

Il regolamento di condominio, quando ha valenza contrattuale, può contenere una specifica clausola che vieti in assoluto, il fumo dal balcone o dalle finestre. Si tratta di un divieto che non ammette deroghe.

Il lancio delle sigarette

Si ricorda che lanciare i mozziconi di sigarette dal balcone può integrare la fattispecie di getto pericoloso di cose, punita con l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206,00 euro.

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