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Affitto: contratti in nero o a canone simulato, come comportarsi?

affnnero

Con due recenti sentenze, la numero 18213 e la numero 18214 dello scorso 17 settembre, la Corte di Cassazione si è espressa su due problematiche molto diffuse che riguardano i contratti di affitto.

La suprema Corte ha fatto notare che i contratti di affitto privi della forma scritta sono nulli, ma se il conduttore è in buona fede possono essere sanati. I giudici hanno sottolineato anche che i contratti di affitto registrati con canoni inferiori al reale restano validi soltanto per il canone apparente, mentre il canone maggiore è nullo e non sanabile neanche con una eventuale registrazione tardiva.

Contratto registrato con canone inferiore.

Uno dei casi più diffusi che utilizzano i proprietari per pagare meno tasse è quello di firmare due distinti contratti, di cui se ne registra soltanto uno all’Agenzia delle Entrate, quello, ovviamente, con il canone di affitto più basso.

Il canone reale pagato dall’inquilino è contenuto nel secondo contratto, quello che non viene registrato, che è detto contratto fantasma perché, anche se è un’arma nelle mani del proprietario nei confronti dell’inquilino, non risulta registrato da nessuna parte.

Nelle prossime pagine vedremo come l’inquilino può comportarsi in questo caso e anche nel caso degli affitti in nero dove, appunto, il contratto scritto proprio non esiste.

Nel caso dell’affitto fantasma il proprietario può agire in maniera legale nei confronti dell’inquilino che smetta di pagare il canone di affitto intimandogli lo sfratto poiché ha in mano un contratto registrato. Ma il secondo contratto, quello fantasma, non ha nessun valore legale poiché il proprietario, se l’inquilino iniziasse a pagare la cifra concordata nel contratto registrato, non potrebbe fare nulla.

Sono stati i giudici della Corte di Cassazione a sancire che tutti gli eventuali accordi scritti, compreso il contratto fantasma, in cui si stabilisce un canone di locazione più alto non hanno valore legale, anche in presenza di contratti scritti e registrati successivamente al contratto originario perché essi appaiono accordi simulatori volti ad aggirare le norme fiscali.

L’unico canone, quindi, che l’inquilino è tenuto a pagare è quello contenuto nel contratto originario, il primo ad essere stato registrato. Ovviamente la sentenza della Corte di Cassazione non rappresenta per gli inquilini una soluzione immediata ma può essere uno strumento molto importante da far valere in sede legale se l’inquilino vuole agire legalmente contro il proprietario.

Come ha stabilito una delle due sentenze della Corte Costituzionale il contratto d’affitto deve avere una forma scritta, tutti i contratti di affitto privi di forma scritta risultano legalmente nulli e non validi.

Se a un inquilino viene imposto un contratto verbale, in nero, rivolgendosi al Tribunale può far emergere il contratto e regolarizzarlo facendo applicare le disposizioni sui contratti a canone agevolato. I giudici hanno anche fatto presente che i contratti non validi non sono sanabili quindi il conduttore che si reca davanti al giudice per far emergere un contratto di affitto in nero, deve innanzitutto dimostrare l’esistenza del rapporto di affitto e deve dimostrare anche di essere stato costretto ad accettare un contratto verbale in nero.

Questo per dimostrare di non essere stato complice del proprietario nell’evadere il fisco.

Cosa accade una volta dichiarato davanti al giudice l’esistenza di un contratto di affitto in nero? L’inquilino ottiene un contratto a canone concordato retroattivo. Tutti i canoni di locazione più alti pagati in precedenza devono essere rimborsati dal proprietario all’inquilino.

link all’art.

 

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