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Mulini e manifatture in rovina “Unalegge per farli rivivere”

muliniDall’ex Gaslini ai silos del porto di Bari fino al magazzino del sale di Margherita e ai capolavori del Salento È lungo l’elenco dei beni da salvare. Ma ora c’è un ddl della Regione per catalogarli e riqualificarli

ANTONIO DI GIACOMO

ADDIO all’abbandono. Adesso, in Puglia, i luoghi dell’industria di ieri saranno considerati a pieno titolo come beni culturali da salvare. Succederà grazie al disegno di legge regionale per la “Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale”, approvato in giunta pochi giorni fa e voluto dall’assessore alla Qualità del territorio, Angela Barbanente, che premette: «L’archeologia industriale in Puglia merita una particolare attenzione. Dagli insediamenti rupestri, penso ai frantoi ipogei, alle ex manifatture dei tabacchi passando per i mulini e le distillerie, come per l’industria estrattiva, abbiamo testimonianze di grande valore culturale e storico che spesso sono assolutamente disconosciute. È per questa ragione che abbiamo immaginato una legge regionale che si propone di valorizzare tale patrimonio innanzitutto mediante lo studio e la catalogazione scientifica nell’ambito della carta dei beni culturali della Puglia e, soprattutto, prevederne la salvaguardia e la riqualificazione».

Se la via del recupero in pochi ma significativi casi si è già compiuta – fra tutti l’ex macello comunale che a Bari ospita la Cittadella della cultura, al cui interno hanno trovato casa la biblioteca nazionale e l’archivio di Stato, o, in Salento, le manifatture Knos, a Lecce, l’ex Fadda a San Vito dei Normanni e l’ottocentesca conceria Lamarque a Lecce – l’elenco dei luoghi da salvare rischia di essere lungo. A Bari, per esempio, è da compiersi ancora il definitivo recupero dell’ex manifattura Tabacchi, così come attendono di conoscere un destino l’ex Gaslini a pochi passi dalla Fiera o, piuttosto, i silos granari all’interno dell’area portuale. Altrove, invece, suggerisce l’architetto Antonio Monte del Cnr – deus ex machina del primo forum sul patrimonio industriale pugliese che si è te- nuto ieri a San Cesario di Lecce «non si possono non ricordare i casi del molino Scoppetta di Pulsano che, già riconosciuto come monumento nazionale nel 2001, è l’unico nel Sud ad aver conservato i macchinari, così come il magazzino sofisticazione sali progettato a Margherita di Savoia da Pier Luigi Nervi».

Ma, in realtà, a sentire Monte, che è peraltro coordinatore regionale dell’Aipai (Associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale), «in Puglia non si contano i luoghi dell’industria da salvare. In questo senso la legge predisposta dall’assessore Barbanente pone la nostra regione all’avanguardia in Italia, visto che si registra solo un precedente in Umbria». E che non si tratti di un enunciato legislativo vuoto è la stessa Barbanente a sottolinearlo: «La salvaguardia e la riqualificazione potranno avvenire grazie a due strumenti legislativi regionali già esistenti, ovvero le misure a sostegno delle qualità delle opere di architettura e la legge sulla rigenerazione urbana. Perché è importante che la rifunzionalizzazione di questi beni preveda destinazioni compatibili con la loro tutela. E le due leggi che ho citato forniscono gli indirizzi e i criteri perché ciò avvenga». Che fare, allora, delle industrie del passato? «Dipende dalla tipologia dei beni, in primo luogo, ma – ipotizza l’assessore – si possono immaginare destinazioni di uso pubblico (centri culturali, musei, laboratori urbani) come è già peraltro accaduto proprio qui in Puglia, ma anche spazi destinati a scopi ricreativi (teatri, cinema o sale ad hoc per ospitare spettacoli e performance artistiche contemporanee».

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