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La mappa dei Paesi europei che supportano la riforma ambiziosa dell’economia circolare

Danimarca e Finlandia tra i Paesi più contrari alla riforma ambiziosa proposta dall'Europarlamento . Tra i supporter di una politica ambiziosa sui rifiuti e l’economia circolare ci sono la Grecia, la Romania e la Spagna.

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Le proposte già approvate dal Parlamento europeo nel marzo scorso prevedono obiettivi ambiziosi: 70% del riciclo per i rifiuti urbani e 80% per gli imballaggi; target per la preparazione al riutilizzo; un incremento della raccolta differenziata per tutte le tipologie di rifiuti, ed in particolare un obbligo generalizzato di separazione della frazione organica; nuove norme a livello europeo per la responsabilità del produttore e obiettivi di prevenzione al 2030. L’ambiziosa riforma però è a rischio. Se nelle negoziazioni prevarrà la posizione conservatrice di diversi Paesi, infatti, la transizione verso l’economia circolare nei prossimi anni sarà molto probabilmente in stallo. Questo è quanto emerge dall’indagine a livello europeo guidata da European Environmental Bureau (EEB), Friends of the Earth Europe and Zero Waste Europe, a cui ha contribuito anche Legambiente. In particolare le associazioni hanno inviato un questionario agli stati membri per valutare se sosterranno le proposte chiave per rafforzare la politica europea sui rifiuti, nei negoziati che si svolgeranno a Bruxelles nelle prossime settimane.

La mancanza di una posizione comune sul pacchetto sull’economia circolare da parte del Consiglio dimostra che i Paesi più arretrati stanno avendo la meglio, nonostante la posizione molto ambiziosa di alcuni altri Paesi. A rischio non c’è solo la messa in campo di una politica virtuosa dei rifiuti, ma l’avvio di una vera e propria rivoluzione economica e occupazionale.

Come emerge dall’indagine, tra i Paesi che si oppongono maggiormente alla proposta ci sono la Danimarca e la Finlandia, spesso considerati a sproposito leader nelle politiche sui rifiuti, nonostante l’enorme quantità di rifiuti prodotti. Altri Paesi che rifiutano categoricamente gli obiettivi più ambiziosi del pacchetto sono Ungheria, Lituania e Lettonia.

Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia, sono a favore di un obiettivo di riciclo del 65%, ma non sembra che farebbero lo stesso con i target relativi alla preparazione al riutilizzo, all’obiettivo di riutilizzo del 10% degli imballaggi e a supporto di target di prevenzione dei rifiuti, tutte misure che costituiscono priorità del pacchetto dell’economia circolare.

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Il Regno Unito, la Germania, la Polonia, l’Irlanda, la Slovenia e la Croazia invece non hanno voluto condividere la loro posizione, in contrasto con la posizione progressiva e trasparente adottata dal Parlamento europeo.

Dall’altra parte, nelle fila dei supporter di una politica ambiziosa sui rifiuti e l’economia circolare, troviamo alcuni Paesi del Sud Europa, come la Grecia e la Romania, nonché la Spagna, che stanno chiedendo un maggiore sostegno al riciclo, alla prevenzione dei rifiuti, alla preparazione al riutilizzo e alla migliore raccolta differenziata. Altri paesi che sostengono le riforme sono la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi.

E l’Italia? In merito ai 6 punti che le associazioni ritengono prioritari e su cui EEB ha costituito le domande rivolte ai Governi dei Paesi membri, l’Italia ha dichiarato che supporterà, in fase di negoziato, i target di riciclo proposti dalla Commissione, i requisiti minimi riguardo la responsabilità estesa al produttore e l’obbligo di raccolta differenziata per la frazione organica dei rifiuti urbani. Al tempo stesso non supporta i target specifici per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti urbani e non ha preso posizione riguardo i target di prevenzione dei rifiuti (al 2025 e al 2030) e l’obiettivo di almeno il 10% di riutilizzo di imballaggi.

“Il governo italiano – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – purtroppo sta svolgendo un ruolo di retroguardia, in contrasto con gli interessi nazionali, nonostante oggi il Paese abbia tutte le carte in regola per fare da capofila nell’Europa dell’economia circolare, come dimostrano le aziende campioni della circular economy made in Italy che Legambiente ha premiato a Bruxelles lo scorso 24 aprile. Inoltre è bene considerare che questa riforma, se ambiziosa, sarebbe una manna per le aziende italiane visto che siamo leader in Europa per know-how e tecnologie su riciclo e riuso e abbiamo alcune esperienze di gestione dei rifiuti tra le migliori a livello internazionale, come Milano o Treviso. È fondamentale che in sede di Consiglio l’Italia sostenga una riforma ambiziosa della politica comune dei rifiuti. Il nostro governo deve fare la sua parte, per supportare le decine di aziende, imprese ed esperienze che già oggi praticano l’economia circolare e per far in modo che in Europa e nel nostro Paese si realizzi quella che è una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi, senza nascondersi dietro le posizioni di retroguardia di alcuni Stati membri che contrastano gli obiettivi sostenuti dal Parlamento”.

“Sentiamo ogni giorno che i governi si impegnano a ridurre i rifiuti in modo da intercettare i benefici dell’economia circolare. Ma ciò che accade nei negoziati, dietro le porte chiuse, è talvolta una storia completamente diversa – dichiara Piotr Barczak, responsabile rifiuti e della campagna dell’EEB -. Senza obiettivi più alti per il riciclaggio e le misure vincolanti per la prevenzione, che infondono la fiducia nel mercato, i governi dovranno lottare per trovare le opportunità di investimento necessarie a innescare la transizione verso un’economia circolare. Fornire obiettivi di lungo termine ambiziosi e requisiti vincolanti è quello che serve per guidare il cambiamento”.

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