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In legge di Bilancio un’ecotassa che scontenta tutti, dagli ambientalisti agli automobilisti

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Muroni: «Manca una visione globale di mobilità moderna e sostenibile per il Paese. Non si può procedere misura per misura»

La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento contenente l’articolo “Bonus malus sulle emissioni di CO2 g/km delle nuove autovetture”, che propone di introdurre una già ribattezzata “ecotassa” all’interno della legge di Bilancio 2019. Se la misura andasse in porto così com’è stata presentata già dal 1° gennaio 2019 verrebbe introdotta un’imposta crescente (dai 150 ai 3.000 euro) all’immatricolazione di auto nuove con emissioni di CO2 superiori ai 110 g/km, e parallelamente un incentivo – da 6.000 a 1.500 euro – all’acquisto di veicoli con emissioni tra 0 e 90 g/km di CO2.

Si tratta di un provvedimento giusto nelle intenzioni – ovvero ridurre le emissioni di gas serra del settore trasporti, pari in Italia a una quota del 25% sul totale – ma evidentemente disegnato in una totale assenza di concertazione che l’ha portato a scontentare in un colpo solo l’industria automobilistica, i suoi clienti meno benestanti, i demolitori di vecchi autoveicoli, gli ambientalisti e la metà leghista delle forze di maggioranza. Un buon record, che si riflette anche nel governo nazionale.

Mentre ad esempio il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, espressione del M5S che ha lavorato all’emendamento, dichiara che «vogliamo cambiare il paradigma ambientale e l’emendamento sulle auto non inquinanti va proprio in questa direzione», il suo sottosegretario all’Ambiente Vannia Gava (Lega) sottolinea che «aumentare le tasse ai cittadini, punire i ceti medi, con formule astruse, alla Macron, e mettere in grande difficoltà tutta la filiera dell’industria automobilistica è una cosa che non ci interessa».

Tra queste due posizioni emerge come un dato di fatto la necessità del nostro Paese di promuovere una mobilità meno impattante sia in termini di gas serra sia in termini di inquinamento atmosferico. Da questo punto di vista potenziare il trasporto pubblico e su ferro rimane una priorità, come anche incentivare la diffusione di veicoli su gomma – protagonisti attesi della rivoluzione car-sharing – meno inquinanti, in primis dunque quelli elettrici. Un obiettivo che ci vede assai lontani dal traguardo, dato che in Italia solo 1 auto su 408 è elettrica, contro il rapporto 1 a 19 della Svezia.

Posto che le auto elettriche a batteria emettono meno gas serra e inquinanti atmosferici durante tutto il loro ciclo di vita rispetto alle auto a benzina e diesel, come certificato solo poche settimane fa dall’Agenzia europea dell’ambiente, è indispensabile gestire la transizione verso l’auto elettrica tenendo conto anche della sostenibilità sociale ed economica del Paese.

Così come attualmente disegnata, invece, l’ecotassa rischia di penalizzare gli acquirenti di auto a basso reddito, di non incentivare la sostituzione del parco auto già circolante, e di favorire – alla faccia del sovranismo – una deindustrializzazione a livello nazionale.

«In Cina, con 24 milioni di auto elettriche vendute all’anno – osserva al proposito Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto club – è giusto ricordare che nel 2019 il Governo ha introdotto una soglia di auto elettriche che deve essere rispettata dai venditori. In Italia invece siamo molto indietro, visto che la Fca non ha mai creduto alle auto elettriche salvo un ripensamento finale. Noi dovremmo evitare di dover importare auto elettriche dall’estero, e offrire opportunità alle nostre imprese e attrezzarle perché non rimangano spiazzate dalla rivoluzione elettrica».

Rimane poi avvolto nel mistero, anche dal punto di vista ambientale, perché l’ecotassa non colleghi il bonus-malus al rinnovo del parco auto circolante, incentivando la sostituzione (tramite rottamazione) dei veicoli più anziani, con motorizzazioni Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3, che – come ricorda l’Associazione nazionale demolitori autoveicoli – contano oltre «12 milioni» di mezzi.

Più di tutto solleva però la mancanza di organicità dell’emendamento avanzato, tanto che la deputata LeU ed ex presidente nazionale di Legambiente – Rossella Muroni – parla di misura spot: «Manca una visione globale di mobilità moderna e sostenibile per il Paese. Non si può procedere misura per misura, opera per opera: va potenziato il trasporto pubblico locale pulito ed efficiente, la mobilità leggera, condivisa e pulita in città,  il trasporto ferroviario e quello pendolare. Da solo il bonus-malus premia esclusivamente la produzione di nuove auto, non un modello diverso e sostenibile di mobilità».

L’augurio è dunque che l’ecotassa possa trovare gli importanti miglioramenti necessari nel corso di un pur tardivo tavolo tecnico di confronto, che il ministro dello Sviluppo economico Di Maio ha annunciato di voler convocare dopo le numerose critiche piovute sull’emendamento elaborato dal suo Movimento. «È una norma che va bilanciata e ben venga il tavolo proposto dal ministero dello Sviluppo economico – conferma il ministro Costa – Il nostro obiettivo è favorire chi non inquina, e di conseguenza orientare il mercato, affinché inquinare non sia più conveniente».

Anche per Legambiente l’emendamento alla manovra che prevede un’ecotassa per le vetture a gasolio o benzina e che incentiva chi acquista auto elettriche o ibride va nella giusta direzione, ma il testo deve essere migliorato in alcune parti coinvolgendo nel dibattito anche le associazioni ambientaliste: «La leva fiscale sui trasporti e sulla mobilità di persone e merci – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è uno strumento potente e non può essere improvvisato in solitudine. Neanche con le migliori intenzioni di salvaguardare l’ambiente come fatto da Macron. Per questo chiediamo al Governo e al vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio di coinvolgere al tavolo delle consultazioni che si aprirà martedì anche le associazioni ambientaliste e tutte le parti sociali, per rivedere insieme l’emendamento bonus-malus che a nostro avviso deve essere assolutamente migliorato evitando di fare clamorosi passi indietro, perché è in gioco la salute delle persone, il clima e la spinta all’innovazione industriale. Senza dimenticare che per ridurre l’inquinamento e per rendere le città più vivibili bisogna ripensare il carico fiscale che grava sulla mobilità puntando su un’efficace e innovativa rivoluzione urbana».

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