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I 10 canoni per la progettazione secondo il Principe Carlo aprono alla riflessione sull’architettura del XXII° secolo

Rispettare la natura, prediligere l’armonia e la tradizione, rimettere l’uomo (il pedone) al centro della progettazione urbanistica. Il Principe Carlo torna a dire la sua in materia di architettura e progettazione urbana e lo fa stilando una lista di 10 principi- contenuti all’interno di un breve saggio pubblicato lo scorso 20 dicembre sulle pagine della  rivista The Architectural Review- che gli architetti dovrebbero seguire nell’immaginare e realizzare le città del futuro. “Dobbiamo confrontarci- sottolinea il principe- con la terrificante prospettiva di altri tre miliardi di persone entro il 2050 sul pianeta con necessità abitative. E gli architetti e gli urbanisti ricoprono un ruolo enorme nell’affrontare questa sfida”.

dorchester

Reazioni dure e contrastanti
L’erede al trono britannico non è nuovo nell’esprimere precise opinioni in tema di architettura che spesso lo hanno portato anche a duri botta e risposta con archistar del calibro di Richard Rogers, Zaha Hadid e Norman Forster. E la reazione del mondo dell’architettura, britannico e non, è stata anche stavolta roboante. Se c’è chi, come Alister Scott, professore alla Birmingham School of the Built Environment, accusa il principe di arroganza e superficialità nell’esprimere opinioni da una posizione privilegiata e inadatta a comprendere le reali esigenze dei cittadini, c’è invece un’altra parte della società, rappresentata fra tanti da Patrick Lynch, fondatore dell’omonimo studio di architettura londinese, che continua ad apprezzare il fatto che un personaggio pubblico si interessi di questioni architettoniche.

Un interesse per l’architettura che dura da più di trent’anni
Il recente intervento del Principe Carlo fa seguito infatti a decenni di impegno nel campo dell’architettura, iniziato 30 anni fa quando si pronunciò in termini duri sulla proposta di ampliamento della National Gallery di Londra, proseguito cinque anni più tardi con la pubblicazione del saggio ‘A Vision of Britain’, fino ai primi anni ’90 quando iniziò la realizzazione di Poundbury , villaggio satellite di Dorchester, nella contea di Dorset in Inghilterra, fortemente voluto e supervisionato dal Principe Carlo e realizzato da Leon Krier, molto vicino alle idee neo-tradizionaliste.

Il decalogo dell’erede è il seguente:

1. Gli sviluppi devono rispettare la terra: non dovrebbero essere invadenti e dovrebbero integrarsi al paesaggio circostante
2. L’architettura è un linguaggio: i nuovi progetti dovrebbero rispettare precise regole grammaticali per evitare dissonanze con le strutture esistenti.
3. La scala è la regola: i nuovi edifici dovrebbero rispettare sia la dimensione umana che quella degli edifici circostanti.
4. Armonia:  la ricchezza deriva dalla diversità, ma edifici dovrebbe essere in sintonia con le costruzioni vicine
5. Evitare costruzioni diverse, ma preferire agglomerati ben progettati e che incoraggiano gli spostamenti a piedi.
6. Prediligere l’uso di materiali naturali e locale, preferendo stili architettonici  tradizionali
7. Non abusare dell’utilizzo di segnaletica e illuminazione stradale
8. Il pedone deve essere al centro del processo di progettazione : più percorsi pedonali e meno strade per veicoli
9. Densità: evitare la realizzazione di grandi grattacieli che isolano i cittadini
10. Flessibilità: la pianificazione non dovrebbe essere rigida e convenzionale ma flessibile e innovativa

Il critico Douglas Murphy stila un ‘contro-decalogo’
Le reazioni, come già detto, sono state molte, forti e anche discordanti. Quella più complessa, e completa, è arrivata da parte del critico architettonico Douglas Murphy che, in un articolo pubblicato sul the Guardian, ha riferito come l’intervento del Principe fosse non solo dettato da un elitarismo insito nella propria figura ma anche come frutto di una particolare classe politica che non accetta spinte moderniste ed innovative, credendo che la soluzione ai problemi della popolazione risieda nel ritorno ai ‘vecchi e sani principi’. Ma va oltre Murphy, proponendo quello che potremmo definire un ‘contro-decalogo’ al manifesto reale con alcuni principi ritenuti fondamentali, quali:  “la città è di tutti”, “l’architettura non è un linguaggio “,” l’onestà è ancora una virtù “,” la strada non è tutto “, e forse il punto più critico: “il cambiamento è in arrivo: il prossimo secolo sarà fondamentale per l’umanità, e l’architettura avrà un ruolo enorme. I bei cottage realizzati in pietra locale non aiuteranno di certo.”

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