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Sofferenze bancarie

L’erogato mutui migliora, ma senza bad bank non se ne esce

Dopo gli annunci del ministro Padoan ad inizio settembre, tutto tace sul fronte della bad bank che il Governo sta discutendo con Bruxelles. Intanto però le sofferenze delle banche italiane non smettono di aumentare: negli ultimi 12 mesi sono arrivate a quota 198 miliardi – la rilevazione parte da agosto 2014 e arriva agosto 2015 – segnando un incremento pari al 15%. Quasi 26 miliardi di euro in più nell’arco di un anno, secondo la fotografia scattata dal Centro studi di Unimpresa (Unione nazionale di imprese), basato su dati della Banca d’Italia.

Il problema c’è e difficilmente si risolverà da solo, anzi.

La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (142 miliardi), mentre le “rate non pagate” dalle famiglie (a partire dalla grossa fetta dei mutui per la casa problematici o inesigibili) valgono più di 36 miliardi, così come quelle delle imprese familiari sono vicine a 16 miliardi. Superano invece il tetto dei 4 miliardi le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie.

Le sofferenze, in pratica, corrispondono al 12% dei prestiti bancari.  Alla fine del 2010 la stessa voce ammontava a 77,8 miliardi: in quattro anni e mezzo, quindi, sono più che raddoppiate. A questo quadro vanno aggiunti i segnali di discontinuità sul fronte dell’erogazione del credito alle famiglie, dove va segnalato l’aumento del prestiti al consumo e (finalmente) lo stop del calo dell’erogato mutui per la casa.  Le erogazioni degli istituti di credito (tra prestiti, mutui nuovi e l’ormai noto fenomeno delle surroghe) sono complessivamente cresciute di 10,3 miliardi (+1,73%), passando da 597,1 miliardi a 607,5 miliardi.

“Nei giorni scorsi il ministro Padoan ha detto che è agli sgoccioli il dossier sulla bad bank – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Ci auguriamo sia davvero così e che quindi vengano superate le resistenze dell’Unione europea a uno strumento che è in linea di principio ritenuto aiuto di Stato al settore bancario, ma che in fin dei conti sarebbe decisivo per tutto il circuito economico. L’alleggerimento dei bilanci degli istituti innesca un circolo virtuoso che libera risorse per il credito, aiuta le imprese a ottenere liquidità e porta il Paese vicino a una ripresa robusta. Negli scorsi mesi i rappresentanti delle banche e quelli delle grandi industrie hanno parlato di un nuovo rapporto tra il mondo del credito e quello delle imprese, ma non se n’è fatto più nulla. Ci sono le risorse del quantitative easing della Bce e non vanno sprecate”.

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